IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Considerato:
     che nei confronti di Sotiri Edmond, nato in Albania il 16 ottobre
 1974,   detenuto   per  questa  causa  nella  casa  circondariale  di
 Sollicciano, e' stata emessa il 4 dicembre 1997,  a  norma  dell'art.
 444 c.p.p., sentenza di applicazione della pena di dieci mesi e venti
 giorni  di  reclusione,  oltre  la  multa,  in ordine al reato di cui
 all'art.  73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, con
 la circostanza attenuante del fatto di lieve entita', di cui comma  5
 dello stesso art.  73;
     che   al   Sotiri   Edmond   furono   sequestrate,  in  occasione
 dell'arresto, L. 2.520.000 in contanti;
     che tale somma proviene con ogni  verosimiglianza  dall'attivita'
 di spaccio di eroina, poiche' il Sotiri, nei frangenti immediatamente
 precedenti  l'arresto,  fu osservato dai Carabinieri mentre, ricevute
 alcune banconote da tale Sboui Ahmed (a sua volta rinviato a giudizio
 in ordine al reato di cui all'art.  73  del  decreto  del  Presidente
 della  Repubblica  n. 309/1990), si chinava per raccogliere qualcosa,
 in  luogo  ove  vennero  trovate  subito  dopo  dai  militari  cinque
 confezioni di eroina, pari a 3,9 grammi lordi;
     che   la  provenienza  della  somma  (e  del  telefono  cellulare
 sequestrato nelle stesse circostanze) dall'attivita' di spaccio (e in
 buona parte dalla  transazione  illecita  con  lo  Sboui,  interrotta
 dall'intervento   dei  Carabinieri)  e'  confermata  dallo  stato  di
 disoccupazione, dichiarato dallo  stesso  imputato,  e  dalla  totale
 mancanza di indicazioni circa una diversa provenienza;
     che  non  si verte in caso di confisca obbligatoria, trattandosi,
 come costantemente ritenuto dalla Corte di cassazione, non di  prezzo
 ma di profitto del reato di cui si tratta;
     che  l'art.  445  c.p.p.,  in  caso di applicazione della pena su
 richiesta, consente la confisca solo nei casi di  cui  all'art.  240,
 comma 2 c.p. (confisca obbligatoria);
     che  poi  l'art.  12-sexies  del  d.-l.  8  giugno  1992, n. 306,
 convertito nella legge 7 agosto 1992,  n.  356,  articolo  introdotto
 dall'art.  2 del d.-l. 20 giugno 1994, n. 399, convertito dalla legge
 8  agosto  1994,  n. 501, non prevede - in caso di applicazione della
 pena ex art. 444 c.p.p. - la confisca dei valori dei quali l'imputato
 non puo' giustificare la provenienza, allorche' ricorra per il  reato
 di  cui  all'art.  73  del decreto del Presidente della Repubblica n.
 309/1990 la circostanza attenuante del comma  50  dello  stesso  art.
 73, riconosciuta nel caso di specie;
     che  per  tali disposti (in sostanza, perche', in conseguenza del
 patteggiamento, pecunia non olet) - piuttosto che per la mancanza  di
 prova in ordine alla riferibilita' della somma allo spaccio, cosa che
 appare  logicamente  desumibile  dal  contesto  probatorio citato, si
 dovrebbe  disporre  la  restituzione  di  tale  somma,   per   quanto
 proveniente dallo spaccio di eroina;
     che  simile  conseguenza  appare  in  contrasto  anzitutto con il
 principio (art. 27, comma terzo, Cost.) secondo  cui  il  trattamento
 sanzionatorio  deve  tendere  alla rieducazione del soggetto al quale
 viene applicato;
     che  infatti  lo  spacciatore  e'   incoraggiato   a   proseguire
 l'attivita'   illecita,   qualora   per  effetto  della  sentenza  di
 applicazione  della  pena  gli  siano  restituiti  i  profitti  dello
 spaccio;
     che   cio'   sembra   contrastare   poi   con   il  principio  di
 ragionevolezza, immanente al disposto dell'art. 3 della Costituzione;
     che appare infatti irragionevole, e contraria al comune sentire e
 alla morale, la definitiva acquisizione dei profitti illeciti,  tanto
 piu'  laddove  provenienti  da  un'attivita'  cosi'  dannosa  per  la
 societa' come lo spaccio dell'eroina;
     che non sembra potersi rinvenire un'adeguata  giustificazione  al
 diverso  trattamento  del  profitto  dello spaccio, a norma dell'art.
 12-sexsies  cit.,  nei  casi  in  cui  non  ricorra  la   circostanza
 attenuante di cui all'art. 73, comma V, cit.;
     che  infatti  l'attivita'  di  piccolo  spaccio,  o di spaccio da
 strada, realizzata dal pusher, costituisce  anello  essenziale  della
 catena   illecita   in   forza  della  quale  la  droga  perviene  al
 consumatore,  ed  e'  realizzata  spesso  in  forma  continuativa   o
 addirittura  in  forma associata (cfr. art. 74, comma VI, del decreto
 del Presidente della Repubblica n. 309/1990: previsione, questa,  che
 conferma la pericolosita' dell'attivita' in questione);
     che la diversita' di trattamento, rispetto al caso della sentenza
 di  condanna  per  il reato ugualmente attenuato ex art. 73, V comma,
 cit., non sembra trovare giustificazione nell'esigenza di incentivare
 il ricorso al procedimento  speciale  di  cui  all'art.  444  c.p.p.,
 poiche'  stimoli  bastevoli a patteggiare appaiono la riduzione della
 pena principale fino a 1/3,  l'esclusione  delle  pene  accessorie  e
 delle  misure  di  sicurezza,  nonche' della revoca della sospensione
 condizionale precedentemente accordata (Cass.,  sez.  un.,  8  maggio
 1996,  De  Leo,  nonche'  26  febbraio  1997,  Bahrouni),  ed  ancora
 l'estinzione del delitto ex art. 445, comma 2, c.p.p. per decorso del
 quinquennio senza ricadute, la definitiva acquisizione  dei  profitti
 illeciti  apparendo  premio  troppo  spregiudicato  in  rapporto alle
 esigenze di mera economia processuale;
     che tale diversita' di  trattamento  non  sembra  infine  trovare
 giustificazione  nel  rilievo  secondo  cui  la sentenza resa a norma
 dell'art. 444 c.p.p. non contiene  un  accertamento  completo  e  con
 plena   cognitio  sulla  sussistenza  del  fatto-reato  e  sulla  sua
 effettiva riferibilita' a un determinato soggetto (Cass., sez. un.  8
 maggio 1996 e 26 febbraio 1997, ora cit.);
     che  infatti  tale accertamento incompleto e' tuttavia ovviamente
 compatibile con l'applicazione della pena detentiva,  e  con  la  sua
 effettiva  esecuzione,  ed e' equiparato ad una sentenza di condanna,
 ove non diversamente disposto, cosi' da risultare a  maggior  ragione
 compatibile  con  la  meno afflittiva confisca dei valori costituenti
 profitto  del  reato   (l'incompletezza   dell'accertamento   dovendo
 peraltro misurarsi, nel caso di specie, con la sorpresa in flagranza,
 e  la  valutazione  dei  gravi indizi di colpevolezza compiuta in due
 gradi  di  giurisdizione  cautelare  nonche',  in  generale,  con  il
 richiamo  operato dall'art. 444, comma 2 c.p.p. al disposto dell'art.
 129 c.p.p.);
     che  per  tutto  quanto  fin  qui  considerato  la  questione  di
 legittimita' costituzionale sopra enunciata appare non manifestamente
 infondata;
     che  la  questione e' rilevante in causa, poiche' in questa sede,
 ovvero in quella esecutiva (art. 676 c.p.p.), deve farsi applicazione
 delle norme denunciate, per decidere  sulla  confisca,  ovvero  sulla
 restituzione, delle somme in sequestro;